lunedì 28 maggio 2012

Scarpe Brasiliane, piacciono a tutto il mondo

Ormai punto di riferimento a livello mondiale per stile e creatività, le calzature made-in-Brazil si stanno affermando con sempre maggiore forza all'interno del mercato calzaturiero internazionale. Un'identità forte e riconoscibile, design ricercato e una cifra stilistica originale rendono le scarpe brasiliane un prodotto apprezzato e richiesto dai consumatori di tutto il mondo, e in particolare da quelli italiani, che nei prodotti verdeoro trovano le interpretazioni più aggiornate e innovative dei contenuti fashion. L'avanzata del made-in-Brazil è documentata non solo dalle cifre, ma anche e soprattutto dal crescente interesse verso tutto ciò che è espressione della cultura verdeoro. Dal Brasile, arriva il ritratto di una società moderna, aperta e cosmopolita che ha saputo coniugare progresso e tradizione. Ne emerge il quadro di un Paese che ha saputo ritagliarsi un proprio spazio all'interno del villaggio globale, accogliendo gli stimoli e le suggestioni di diversa provenienza senza uniformarsi o smarrire la propria identità profonda. "Think globally, act locally": questo il modello a cui oggi guarda il paese verdeoroNel mondo della moda, così come nel design, nell'arte e nella cultura in generale, tutte le espressioni della cultura brasiliana sono caratterizzate da questo mix glocal, che le rende uniche ma allo stesso tempo universali. Ecco spiegato il segreto delle calzature made-in-Brazil, interpreti inedite delle tendenze moda più innovative a cui aggiungono un tocco di creatività tutta brasiliana. "Il lungo lavoro fatto in questi anni sul contenuto moda dei nostri prodotti sta dando importanti frutti - afferma Cristiano Körbes, Coordinatore progetti Abicalçados. Oggi le aziende calzaturiere brasiliane sono in grado di creare prodotti che incorporano i trend moda ma che allo stesso tempo sono innovativi e hanno un'identità forte e immediatamente riconoscibile. Tradizione e innovazione, globale e locale sono in prefetto equilibrio: le calzature brasiliane riescono così a intercettare i gusti e le esigenze dei consumatori di ogni parte del mondo, che appartengono a culture e a società molto diverse tra loro". L'appeal internazionale delle calzature brasiliane non è solo un tratto stilistico, ma rappresenta nel concreto un valore aggiunto di importanza strategica per spingere al rialzo le esportazioni del settore.

Cresce l'attenzione per il mercato italiano e per il suo pubblico di consumatori preparati e attenti alle evoluzioni della moda internazionale. Un banco di prova importante per le aziende brasiliane, che sono oggi in grado di proporre calzature dal carattere forte e dall'identità inconfondibile, capaci però di adattarsi al gusto e allo stile italiano. Questo mix di caratteristiche uniche è la vera carta vincente che i brand brasiliani giocano per conquistare il pubblico italiano. Nell'ultimo anno, si sono così intensificate le azioni di promozione indirizzate pensate per rafforzare l'identità e la riconoscibilità dei marchi; è cresciuta anche la presenza delle calzature brasiliane all'interno del sistema distributivo italiano, grazie alla crescita dei rapporti di collaborazione con i distributori locali e ai diversi negozi monomarca dei brand più noti. È l'inizio di un processo di penetrazione nel mercato italiano, che offre grandi prospettive di crescita a lungo termine, sia dal punto di vista economico che da quello, non meno importante, dell'immagine del brand. Ma il glocal mix brasiliano è vincente anche sugli altri fronti dell'export verdeoro. Rispetto ai mercati già consolidati, si rafforza ulteriormente l'export brasiliano in Cina, che ha toccato l'incremento record del 122% in valore negli ultimi 5 anni e che ha ulteriori spazi di sviluppo considerando che il mercato delle calzature in Cina è cresciuto del 65% negli ultimi cinque anni. Buone le prospettive a lungo termine anche per la Colombia, un altro bacino strategico per le calzature brasiliane (+26% negli ultimi cinque anni). I partner di riferimento per le esportazioni brasiliane restano in ogni caso gli Stati Uniti, Paese che importa la quasi totalità delle calzature che consuma. In Europa, le calzature brasiliane guardano soprattutto al mercato francese: nel periodo dal 2006 al 2010, le esportazioni verso la Francia sono cresciute del 168% in valore e 46% in volume. L'impegno delle aziende calzaturiere brasiliane si rivolge anche verso nuovi orizzonti commerciali.

Interessanti le prospettive offerte da un paese in crescita come il Sud Africa, che ha visto aumentare esponenzialmente la domanda interna (il mercato delle calzature è cresciuto del 45% rispetto al 2006 e del 29% solo nel 2010), ma non ha ancora sviluppato un apparato produttivo in grado di supportarla (le stime attestano come la produzione interna di calzature copra appena il 25,6% della richiesta). Per lo stesso motivo, un target strategico è rappresentato dagli Emirati Arabi, che non hanno poli di produzione calzaturiera e dipendono completamente dalle importazioni per soddisfare la domanda interna.

Fondamentale è anche il mercato russo, dove è forte la richiesta sia per il settore abbigliamento che per il comparto calzature. Creatività, trend, tradizione e innovazione: questo il mix di fattori che fa delle calzature brasiliane prodotti in grado di "parlare" ai consumatori italiani, ma non solo, soddisfando le esigenze di un pubblico sempre più preparato e attento alle evoluzioni del mondo del fashion internazionale.

domenica 27 maggio 2012

In Cina, rallenta l'export e si fermano le importazioni

Le esportazioni schiacciano il freno, mentre le importazioni si fermano del tutto: la bilancia commerciale cinese spicca un deciso salto in avanti, ma il robusto surplus è per molti aspetti la conferma del malessere che affligge la congiuntura del Dragone. Ad aprile, le vendite di made in China sui mercati esteri sono aumentate del 4,9% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Frattanto, le importazioni hanno registrato una crescita prossima a zero (+0,3%). Il saldo delle merci in entrata e in uscita dal paese ha generato un avanzo commerciale di 18 miliardi di dollari, oltre il triplo del surplus registrato da Pechino a marzo. Ma il Governo cinese ha poco di cui rallegrarsi. Dopo un primo trimestre di dati import-export altalenanti e difficili da interpretare a causa della forte distorsione stagionale indotta dal Capodanno Lunare, i flussi commerciali di aprile confermano ciò che tutti temevano e di cui la nomenklatura non ha mai fatto mistero: la locomotiva cinese è in fase di rallentamento e nel 2012 potrebbe correre alla velocità più bassa degli ultimi dieci anni (gli analisti prevedono una crescita annua del prodotto interno lordo di poco superiore all'8%). Preoccupano le esportazioni. È vero, ad aprile sono lievitate di quasi il 5% anno su anno. Ma è altrettanto vero che nel primo trimestre 2012, nonostante gli alti e bassi, erano cresciute del 7,6%. Così com'è vero che il mercato si attendeva un incremento di quasi il doppio. A penalizzare il made in China sono state, ancora una volta, le vendite verso l'Unione Europea, il principale partner commerciale di Pechino, che sono diminuite del 2,4% rispetto ad aprile 2011. Anche le esportazioni verso i paesi emergenti - dall'area Asean al Sudamerica - hanno rallentato il passo a conferma che, come sottolinea Tao Wang, economista di Ubs Investment Research, «la domanda delle nazioni in via di sviluppo non può bastare a sostenere una congiuntura globale debole». L'unica nota positiva viene dagli Stati Uniti, che ad aprile hanno aumentato del 10% le loro importazioni dalla Cina. Ma preoccupano, forse ancor di più, anche le importazioni. «L'andamento piatto del mese scorso conferma che la domanda domestica resta debole e che non mostra segnali di ripresa» avverte Alistair Thornton, economista di Ihs Global Insight. Ad aprile il Dragone ha tagliato i suoi acquisti dall'estero un po' dappertutto. Ha comprato meno semilavorati e componenti dalle vicine Tigri asiatiche, il che lascia pensare che gli acquirenti finali (perlopiù le aziende manifatturiere cinesi export oriented, come per esempio quelle elettroniche che assemblano parti in arrivo da ogni angolo del Far East) non vedano rosa nel loro business futuro. Ha comprato meno macchinari e meno prodotti meccanici dai suoi tradizionali fornitori, l'Unione Europea (-11% il totale delle importazioni dal Vecchio Continente ad aprile) e il Giappone. La contrazione delle importazioni di beni capitali segnala un'altra dinamica negativa che in questa fase caratterizza l'economia cinese: gli investimenti del settore manifatturiero stanno battendo in ritirata. Ciononostante, i flussi import di aprile mostrano anche due elementi positivi. Il primo è l'aumento degli acquisti dagli Stati Uniti (il dato potrebbe però essere viziato dalla consegna di alcuni aerei). Il secondo è l'incremento delle importazioni di materie prime (in volume, +9% i materiali ferrosi e +43% il rame). «La tenuta delle importazioni di commodity suggerisce che il settore delle costruzioni probabilmente sta continuando a investire, grazie alle politiche di sostegno varate dal Governo a favore dell'edilizia popolare e delle infrastrutture», spiega Tao Wang di Ubs.
 
 

Il commercio extra UE dell'Italia, dati Marzo 2012

Dopo due anni di crescita ininterrotta le esportazioni all'interno dell'Unione Europea, nel mese di marzo, hanno registrato una contrazione – rispetto all'analogo mese del 2011 - dello 0,5%. Nel contempo anche l'import, come ormai avviene da ottobre 2011, sta conoscendo riduzioni; in particolare lo scorso marzo il calo è stato dell'11,4%. Tutto ciò ha portato la bilancia commerciale con l'area a chiudere il mese in questione con un surplus di oltre 1,5 miliardi di euro (nel mese di marzo 2011, invece, si era totalizzato un passivo di 721 milioni di euro). Nel primo trimestre dell'anno in corso le nostre esportazioni sono cresciute del 2,3%, passando dai 52,7 miliardi di euro, di gennaio - marzo 2011, a poco meno di 53,9 miliardi. A fronte di questo le importazioni sono diminuite del 6,7% e il saldo è risultato in attivo per oltre 2,7 miliardi di euro. Per quanto concerne la destinazione geografica delle nostre merci, in ambito comunitario, progressi significativi si sono realizzati, con l'esclusione della Spagna (-7,5%), nei nostri principali partner commerciali, quali la Germania (+5,8%), la Francia (+3,2%) e i Paesi Bassi (+2,2%).

Gli scambi complessivi

Nonostante la complicata situazione economica in cui versa l'Italia, le nostre esportazioni continuano a manifestare forti segnali di ripresa, rivestendo il ruolo di unica componente positiva e dinamica della ricchezza nazionale. Nel mese di marzo le vendite di prodotti a marchio Made in Italy nel contesto internazionale sono aumentate tendenzialmente del 4,9% a fronte di una significativa riduzione delle importazioni (-10,9%). Una dinamica positiva si è riscontrata anche durante tutto il primo trimestre del 2012, dove ad un incremento dell'export, pari al 5,5%, si è accompagnato un calo dell'import del 4,6%. La prima conseguenza è stata quella di veder contrarre sensibilmente il nostro deficit commerciale con l'estero: dai -13,1 miliardi di euro di gennaio – marzo 2011, si è passati in soli tre mesi, infatti, a -3,4 miliardi. Sempre nel primo trimestre di quest'anno, le nostre esportazioni sono incrementate in tutte le aree del mondo. Anche in Africa settentrionale, dove lo scorso anno si era conosciute forti riduzioni, le vendite di prodotti italiani hanno segnato un incoraggiante +11,7%. Particolarmente positive, inoltre, sono state le perfomance realizzate nei cosiddetti Paesi Europei non U.E. (+16%), in America latina (+15,3%) e nell'Africa sub-sahariana (circa il 16%). Per quanto concerne i settori, si pongono in risalto i buoni risultati ottenuti dai comparti della metallurgia, della raffinazione del petrolio, dell'alimentare e della farmaceutica. Di converso segnano il passo i prodotti tessili, il legno e carta e gli apparecchi elettrici.

www.sviluppoeconomico.gov.it

Grandi Degustazioni Canada 2012

Tra le attività promozionali previste per il 2012 in favore del vino italiano, l'ICE organizzerà la XVII edizione delle Grandi Degustazioni in Canada, la manifestazione ha conquistato un ruolo di primaria importanza nel panorama delle iniziative promozionali enologiche e si conferma oggi uno degli appuntamenti più attesi dagli operatori di settore canadesi.
Nel corso degli ultimi anni il Canada ha consolidato il ruolo di mercato strategico per l'export del vino italiano, raddoppiando il valore delle consegne in soli dieci anni e confermandosi il 5° mercato di sbocco per il vino italiano.
Nel 2008, le consegne hanno sfondato il tetto dei 200 milioni di Euro (+2.7%). Nel 2009 la crisi congiunturale ha condizionato il flusso export con una flessione del 5,4%, il primo segno negativo da oltre un decennio. Il 2010 testimonia una nuova impennata nelle esportazioni di vino italiano, che con una crescita del 28,7% superano il valore record di 245 milioni di Euro (668.000 Ettolitri).
Gli ultimi dati disponibili (dicembre 2011) confermano il trend positivo con un'ulteriore crescita del 3,8% in valore ed un volume esportato pari a 693.000 hl.
Da sottolineare che il prezzo medio del vino esportato sul mercato canadese si conferma uno dei più remunerativi a testimonianza dell'elevata attenzione alla qualità del consumatore canadese.
Le Grandi Degustazioni in Canada sono giunte alla XVII edizione e rappresentano ormai un appuntamento promozionale di fama consolidata.
L'edizione del 2010 ha confermato un successo annunciato con la partecipazione di oltre 4.000 tra operatori, giornalisti e consumatori di tendenza.
Scadenza adesione: 31 Maggio 2012
 
 
 


venerdì 11 maggio 2012

Germania, aumenta il commercio equosolidale

Sempre più consumatori tedeschi scelgono prodotti equo-solidali; nello scorso anno i ricavati del settore sono saliti a 400 milioni di Euro e per l'ottavo anno consecutivo la domanda di tali prodotti è cresciuta. In termini percentuali si parla di una crescita pari al 18% del settore. Pur non riuscendo a mantenersi sulle percentuali di crescita degli ultimi due anni, che hanno registrato rispettivamente +27% e +26%, il mercato dell'equo-solidale manda segnali molto positivi, soprattutto considerato il momento di crisi generale. Dal 2002 i guadagni del settore si sono moltiplicati di ben otto volte, nonostante ciò la quota di mercato dell'equo-solidale resta molto bassa. Tra i prodotti più venduti in vetta ci sono caffè, banane e rose. Mentre caffè e banane equo-solidali, nonostante aumenti del +22% e +60% delle vendite, coprono solo il 2% del rispettivo mercato, le rose provenienti dal fair-trade rappresentano il 7% del mercato. I prodotti equo-solidali si diffondono sempre più, ma la gastronomia resta senz'altro il settore in cui tali prodotti hanno più successo.

www.ice.it


 

venerdì 4 maggio 2012

L'Italia guadagna posizioni sul mercato brasiliano in crescita

Nel 2011, l'interscambio commerciale del Brasile con il Resto del Mondo è aumentato del 25 per cento per un totale pari a 482,2 miliardi di dollari. La bilancia commerciale ha chiuso i conti in attivo con un avanzo di 29,8 miliardi di dollari, in aumento rispetto a poco più di 20 miliardi di dollari del 2010. Le esportazioni hanno totalizzato 256 miliardi di dollari nel 2011, il 26,8 per cento in più rispetto al 2010. Il risultato è imputabile soprattutto all'aumento del prezzo medio delle materie prime agricole e minerali (cresciuto nei primi undici mesi dell'anno del 33 per cento rispetto al 2010), di cui il Brasile è un tradizionale esportatore, piuttosto che alla performance dell'industria manifatturiera, che dalla metà del decennio scorso continua a soffrire il forte apprezzamento della valuta locale, il Real. Questo squilibrio è fonte di una certa preoccupazione da parte delle Autorità brasiliane che preferirebbero una maggiore incidenza sull'export dei prodotti industriali e una minore dipendenza dalle materie prime.

Fonte:
http://www.esteri.it/MAE/IT/Ministero/Servizi/Imprese/DiplomaziaEconomica/Newsletter/

ABI, SACE, SIMEST e CDP: accordo per innalzare la competitività internazionale delle PMI italiane

L'accordo stabilisce la proroga di un anno (fino al 6 aprile 2013) della Convenzione "Export Banca", che già prevede:
 
(A) il supporto finanziario di CDP (2 miliardi di euro iniziali)
(B) la garanzia di SACE, in complementarietà col sistema bancario, nelle operazioni di finanziamento per l'internazionalizzazione e le esportazioni delle imprese italiane.
I settori prevalenti per le operazioni potenzialmente finanziabili sono, nell'ordine, infrastrutture, chimica e petrolchimica, gas e petrolio, produzione e distribuzione energia, cantieristica, meccanico e metallurgico.
 
"Export banca" amplierà il suo raggio d'azione anche a:
  • operazioni di "credito fornitore", ossia di finanziamento del fornitore italiano oltre a quelle di "credito acquirente" (finanziamento dell'acquirente estero) già incluse nella Convenzione
  • operazioni in compartecipazione con le banche, anche estere, per la quota e/o le scadenze da esse non coperte
  • rifinanziamento di operazioni già in essere
  • operazioni denominate in dollari USA, oltre che in euro.
Con l'aspettativa per il prossimo futuro di quaranta nuove operazioni finanziabili, a un anno dalla sigla della Convenzione "Export Banca", sono state finanziate due operazioni, per un totale di circa 800 milioni di euro, mentre altre tre sono in fase di conclusione. I settori di riferimento di queste cinque operazioni sono: cantieristica, edilizia, infrastrutture e gas e petrolio. "Export Banca" potrà far fronte in maniera più efficiente alla pipeline di 40 operazioni in istruttoria preliminare. L'importo totale di queste è al momento stimabile in oltre 9 miliardi di euro, interamente garantiti da SACE, con una quota di pertinenza CDP pari a circa 4,5 miliardi di euro. La maggior parte delle operazioni in istruttoria preliminare è di tipo "credito acquirente", mentre oltre una decina sono le operazioni a sostegno dell'internazionalizzazione delle imprese italiane, ossia finalizzate a supportare l'apertura di filiali e acquisizioni all'estero da parte di aziende italiane. La valuta principale di denominazione è l'euro (circa 30 operazioni per oltre 7 miliardi di euro), mentre il controvalore delle operazioni denominate in dollari USA è equivalente già a quasi 2 miliardi di euro.
 
 

Jimyong Kim è il nuovo presidente della Banca Mondiale

Il medico americano di origine coreana Jimyong Kim è diventato il nuovo presidente della Banca Mondiale scavalcando l'altra candidata, il ministro delle finanze nigeriano Ngozi Okonjo-Iweala per un mandato di 5 anni. Si tratta di un evento significativo non solo per il ruolo della Banca Mondiale, che per la prima volta trova alle sue redini un medico, che dovrebbe pertanto favorire la politica dell'ente in ambito umanitario, ma anche per la Corea, il primo paese al mondo ad essere diventato da recipiente a donatore ai Paesi più poveri.
Nato a Seoul 52 anni fa, Kim è emigrato negli USA quando aveva cinque anni dove la sua carriera di medico è stata punteggiata da diversi incarichi importanti quali direttore del dipartimento contro la lotta all'AIDS presso l'Organizzazione Mondiale della Sanità e rettore della prestigiosa Dartmouth College. Resterà da vedere se Kim sarà in grado di spostare l'attenzione della Banca Mondiale verso le economie emergenti, troppo spesso ignorate, dicono in molti, dalla recente amministrazione, piu` propensa invece a fare gli interessi dei Paesi sviluppati.

mercoledì 2 maggio 2012

Unioncamere, l'export 2012 crescerà in misura del 2,8%

Nonostante le evidenti difficoltà del clima economico italiano, l'export nostrano dovrebbe crescere anche nel corso del 2012 in misura del +2,8%, con le regioni del Nord-Est e la Toscana in testa. Ciò è quanto emerge dal Rapporto Unioncamere 2012, che verrà diffuso a Roma il 3 Maggio, il quale, però, rileva come la crescita dell'export e del numero di imprese che stabilmente opera sui mercati internazionali sia frenata dalla modesta dimensione aziendale, definita un ostacolo da circa 4 imprese manifatturiere non esportatrici su 10.
 
 
 

Cotone, export libero dall'India

Visti i precedenti, il condizionale è d'obbligo. Ma l'India dovrebbe aver finalmente rimosso in via definitiva, almeno per questa stagione, ogni ostacolo all'export di cotone. La decisione è stata annunciata ieri dopo la riunione di un comitato di ministri, che ha invece rinviato a domani l'eventuale autorizzazione di ulteriori esportazioni di zucchero. New Delhi aveva scosso il mercato del cotone un paio di mesi fa (si veda il Sole 24 Ore del 6 marzo), con l'improvviso divieto di esportare la fibra: una misura giustificata dal ritmo eccessivo delle vendite all'estero, che avrebbe potuto provocare carenze a livello locale, aveva spiegato il ministero del Commercio. L'irritazione del potente ministro dell'Agricoltura, Sharad Pawar, che voleva evitare un crollo delle entrate per i coltivatori indiani, aveva successivamente condotto a una revoca parziale del divieto. Nella stagione in corso, che si concluderà a fine settembre, l'India ha finora autorizzato l'esportazione di 11,5 milioni di balle di cotone da 170 kg, di cui 900mila ancora da spedire: un record storico. Le previsioni iniziali erano per 8,4 milioni di balle, quantità che a inizio marzo, quando venne decretato il bando, era già stata superata di 1,1 milioni di balle. L'ottimismo sulla produzione d'altra parte è cresciuto di pari passo con le vendite: oggi il Governo prevede un raccolto, anch'esso da primato, di 35,2 milioni di balle (+6,7% dal 2010-11). Secondo le stime della Cotton Association of India, potrebbe esserci spazio per l'esportazioni di altri 1-2 milioni di balle prima della fine della stagione. Il Governo ha infatti deciso di metterne da parte un milione come scorta «per coprire ogni eventuale esigenza dell'industria tessile». Le quotazioni del cotone all'Ice hanno reagito alle novità con un ribasso del 2,2% a 87,25 cents per libbra, minimo da due mesi. Prima di ieri la fibra aveva già perso il 2,8% da inizio anno e nel 2011 – nonostante avesse segnato un record storico a 2,27 $/lb – era stata la materia prima con la peggiore performance: -37%. A giudizio degli analisti, l'unico sostegno ai prezzi nel breve periodo potrebbe arrivare dalla Cina. Ma il futuro ritmo delle sue importazioni è un interrogativo.Il 31 marzo Pechino ha concluso un enorme piano di ricostituzione delle scorte statali, che l'ha portata ad accumulare in sei mesi 3,13 milioni di tonnellate di cotone. Circa un terzo è stato acquistato dagli Stati Uniti, che quest'anno – anche grazie alle capricciose politiche indiane – hanno aumentato del 18% le loro esportazioni verso la Cina. I cinesi sono senza dubbio allettati a proseguire lo shopping dai prezzi internazionali del cotone, molto più bassi di quelli locali. Ma non è chiaro se e quando Pechino assegnerà ulteriori quote di importazione, né se in qualche misura vorrà soddisfare le esigenze locali attraverso il rilascio di scorte.

IL MARCHIO 7 CAMICIE SBARCA IN MESSICO

Il marchio 7 camicie sbarca in Messico.
Il gruppo italiano, leader nel settore dell'abbigliamento specializzato in camiceria, inaugura oggi il suo primo punto vendita messicano nel prestigioso centro commerciale Interlomas nella capitale del paese. Prosegue così il programma d'espansione internazionale del gruppo italiano fondato da David Hassan che consiste in ben 350 punti vendita in 40 Paesi.
Le classi medie messicane mostrano un forte interesse per i marchi italiani e i centri commerciali delle maggiori cittá del paese registrano una crescente presenza dei simboli del Made in Italy.